sabato 5 aprile 2008

Le solite cose

di Adamo Musella


L’aria era già calda quando decise di lasciare quel letto
e forse non ancora cosciente, con gli occhi sbarrati,
quasi a volersi proteggere dalla luce scagliata
da quella vecchia finestra, si alzò e
contemporaneamente, con genetica precisione,
incalzò le sue antiche ciabatte.
Seduto sul letto, ma con i piedi per terra, si chinò in avanti
portando le mani sulle ginocchia e
solo allora i suoi orecchi sentirono il suo respiro
e dunque si alzò.
Lo specchio di quella stanza lo mostrò in piedi,
con la mano sinistra quasi spianta sul viso, a cercare
con la destra tra vecchi giornali qualcosa non visto
solo dopo che l’ansia di stare li fermo lo prese
scelse a caso e con la sua bella stampa si diresse,
con passo ferrato, laddove ciascun di noi
perde una parte di se stesso.
Dopo un po’ si portò in cucina
qui con fare distratto tentò, rovistando nelle vecchie
credenze, di prepararsi ciò che egli chiamava “pranzo”.
Pochi minuti di gesti meccanici furono sufficienti a renderlo sazio e
fargli pensare che era troppo sveglio, forse per questo
decise di ritornare nella stanza del sonno.
La stanza matrigna lo accolse donandogli aria, luce e gli occhi sul mondo.
Egli si posò sul letto, chiuse gli occhi e con voce asciutta disse a se stesso: - le solite cose -

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Photo: Good Morning by Toni Verdú Carbó is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License.